Guerra d'Albania by Gian Carlo Fusco

Guerra d'Albania by Gian Carlo Fusco

autore:Gian Carlo Fusco [Fusco, Gian Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, General, Military, World War II, Modern, 20th Century
ISBN: 9788838917004
Google: SB9AQgAACAAJ
editore: Sellerio
pubblicato: 2001-10-15T02:17:01+00:00


Vestiti a festa

La guerra, nelle ultime tre settimane, si era gradualmente cristallizzata. Quella che in ottobre, per Mussolini, Visconti Prasca, Jacomoni e gli altri esperti, era stata giudicata un’operazione sbrigativa, dagli «effetti immediati e travolgenti», si era trasformata in un lento stillicidio di sangue, in un massacrante tira e molla, fra montagne orride e brevi pianure coperte di melma cincischiata.

Il 22 febbraio, nel pieno dell’azione, la «Julia» tornò in linea rifatta, a organico pieno: 348 ufficiali, 10.141 sottufficiali e soldati. L’8° reggimento, ora, era comandato dal colonnello Michele Camosso; alla testa del 9°, il colonnello Achille Billia aveva preso il posto del colonnello Tavoni, caduto eroicamente in gennaio, sulle pendici del Mali Topianit. Al comando del 3° artiglieria era rimasto il colonnello Gai. La divisione fu assegnata al XXV Corpo d’Armata, comandato dal generale Carlo Rossi, e fu mandata subito a sostituire l’esausta «Legnano» nel settore di Tepeleni. Stavolta a sostenerla arrivarono un battaglione di mortai, 9 carri armati leggeri e 26 pezzi da 100 e 75/18 del 58° artiglieria. La grande sacrificata del piano «Evenienza G» non era più abbandonata a se stessa come in autunno.

Il 14 febbraio, i greci, battendosi come leoni, riuscirono a impossessarsi di un’importante posizione: quota 1.178 sul monte Scindeli. Ai primi di marzo, sotto la pressione continua, furibonda, dell’avversario, la nostra linea fu costretta ad arretrare di alcuni chilometri, nel settore dell’XI Armata, per arroccarsi sulle pendici settentrionali del monte Golico. Qui, dopo due giorni di assalti, senza un’ora di tregua, le truppe greche, svenate dalle nostre mitragliatrici incrociate e dal tiro martoriarne dei mortai, si fermarono come un’onda morta.

Era l’8 marzo. Proprio quella mattina, giunse anche alle postazioni più avanzate la notizia che Mussolini era arrivato in Albania, e che da un momento all’altro sarebbe venuto a ispezionare il fronte. Che la notizia fosse vera, i soldati lo capirono dalla rapidità quasi febbrile con cui i comandi provvidero a sostituire le uniformi più sbrindellate e le scarpe più scalcagnate. In vai Tomorezza, un ponte di legno semistabile, i cui lavori, dati in appalto a una ditta romana, andavano avanti a passo di lumaca da circa un mese, fu terminato di colpo, in 24 ore. Negli ospedali, le bende diventarono improvvisamente tutte candide come la neve immacolata del Guri i Topit.

L’arrivo di Mussolini in Albania fu attribuito ufficialmente a un’ispezione. Verso la fine di febbraio, si sparse la voce che il dittatore avrebbe visitato il fronte assieme a Vittorio Emanuele; ma poi si mormorò, negli alti comandi, che in quel momento fra il duce e il re correvano rapporti piuttosto freddi, soprattutto per l’estromissione di Badoglio, caro alla casa reale, e per la sua sostituzione con Cavallero, poco gradito alla corte, nonostante discendesse da una vecchia famiglia di Casale Monferrato. Il re visitò l’Albania, per conto proprio, più tardi, nel mese di maggio, e la sua macchina, in corteo verso l’aeroporto di Tirana, fu presa a revolverate da uno studente di origine greca. Un comunicato diramato due ore dopo l’attentato precisò che quei proiettili non erano destinati al sovrano, bensì al presidente del Consiglio albanese Verlaci.



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